“... La ‘Taverna Manghisi’ animata da Mastru Tanasi in funzione di oste-giullare, sul finire degli anni ‘60, spopolava. Diverse furono le occasioni di frequentare, con Uccello (amico di Mastru Tanasi e janiattinisi pure lui) e con altri amici comuni, questo paradiso della natura e del buon mangiare, dove i continui refoli di fresco alimentati dal quieto Manghisi (rinomato per le brade trote di cui andavo pazzo Mascagni), ti mettevano brividi di piacere e ti spalancavano la ‘bocca’ dello stomaco. Qui si assaporavano pitittedda e camurrii: ‘ntuppateddi di satra ciavurusa, vinu ca stuppa tutti li purtusa, mpanateddi fatti da gna Nana, quagghi a maturra, crapa sarbagghia a craunara, panza caura a strica sali ...’. Era il santuario dello star bene assieme, questa ‘Taverna’: qui il cibo si faceva cultura e la cultura diventava cibo: le schermaglie Uccello-Tanasi, Tanasi-Uccello tra una portata e l'altra, erano il giusto viatico per la digestione, che, indugiando a tavola, si faceva via via sempre più impegnativa e laboriosa.”

Dai Ricordi di Antonino Uccello di Nello Blancato
(“i Siracusani”, Gennaio 2009, pp. 36-39)




... Un populu diventa poviru e servu
quannu ci arrubanu a lingua addutata di patri:
รจ persu pi sempri.


(Ignazio Buttitta, Lingua e dialettu, 1970)